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Capisce i sintomi al telefono: il neurologo salva la vita alla giovane madre

Un’emorragia cerebrale, poi la crisi epilettica. Il neurologo Alessio Francesconi capisce i sintomi mentre parla con lei al telefono e fa scattare i soccorsi: «Per fortuna la crisi seria è avvenuta quando era già in ospedale». Ora la giovane madre sta bene: «Devo la vita a quel dottore»
L'ospedale Villamarina di Piombino
L’ospedale Villamarina di Piombino

PIOMBINO. Per tre volte ha salvato la vita a una giovane madre di due figli, colpita da un’emorragia cerebrale, poi da una crisi epilettica. E l’ultima volta si è accorto dei sintomi mentre era al telefono con lei, ha fatto scattare i soccorsi, tanto che la crisi più forte, che sarebbe potuta essere fatale se fosse stata da sola in casa, è avvenuta quando già era in ospedale. In un ambiente protetto, dove l’hanno salvata. Tanto che ora la giovane madre, di Piombino, è tornata a una vita normale. Sotto controllo, ma normale.

Ha fatto il suo dovere il dottor Alessio Francesconi, neurologo in servizio al Villamarina, ma a volte basta quel pizzico di sensibilità e di umanità in più per risolvere situazioni che possono diventare ad alto rischio. O trasformarsi in una tragedia.

Lui è un giovane medico lucchese, si è laureato nel 2018, quindi si è specializzato nel 2023, all’Università di Pisa, in neurologia. Dal febbraio 2024 lavora al Villamarina di Piombino nel reparto di neurologia Cecina-Piombino-Elba, del quale è responsabile la dottoressa Elisabetta Bollani. E quanto fatto con la giovane madre è avvenuto in collaborazione con l’altro neurologo, dottor Mattia Fonderico, con le tecniche Sara Soffredini ed Annalisa Orefice e l’infermiera Roberta Provizi.

Il neurologo Alessio Francesconi
Il neurologo Alessio Francesconi

Quella telefonata con la madre e i sintomi

Proprio dal dottor Alessio Francesconi ci siamo fatti raccontare cosa è successo, qualche giorno fa, mentre era al telefono con la giovane madre.

«La paziente – ci racconta il dottor Francesconi – aveva avuto a febbraio un’emorragia cerebrale causata da un trauma cranico. La seguivo personalmente, da quando era tornata a casa. E qualche giorno fa ha chiamato in ambulatorio, in segreteria, perché stava poco bene. La segretaria ha capito la situazione e mi ha passato il telefono mentre stavo visitando altre persone. E ho iniziato a parlare con lei».

La telefonata dura qualche minuto.

«Mi diceva che non stava molto bene, ma non riusciva a inquadrare bene il problema, parlava di mal di testa, ma anche di confusione. Mentre ci stavo parlando da parlare normale, ha iniziato ad avere un disturbo dell’eloquio. Ha iniziato a balbettare e ad avere quelle che noi chiamiamo “anomie“, cioè non trovava le parole, aveva inceppi, parlava frammentato. Mi sono preoccupato e ho iniziato a chiamarla per nome».

«Per qualche decina di secondi le ho detto “tutto bene, tutto bene?” e non mi rispondeva. Poi ha ripreso a parlare, ma non rispondeva alle domande. Ho capito che c’era qualcosa in corso e le ho detto “mettiti a sedere, stai buona lì”. Ho attaccato e, dal nostro sistema, ho trovato un secondo numero di riferimento».

Il medico chiama la madre.

«Ho chiamato e mi ha risposto la mamma. L’ho informata della cosa e le ho consigliato di andarla a prendere e portarla in pronto soccorso. Dopo un quarto d’ora mi ha richiamato e mi ha detto che erano arrivate. Sono sceso subito».

La crisi in pronto soccorso.

«Ho fatto veloce, il pronto soccorso è proprio sotto al mio ambulatorio. E, come sono arrivato, la giovane donna è stata colta da una crisi epilettica generalizzata, con le convulsioni. Quindi siamo intervenuti subito, sedandola. Abbiamo fatto una Tac e l’abbiamo ricoverata. Quindi le abbiamo iniziato una terapia specifica. Quella che aveva avuto al telefono era stata una piccola crisi che, per fortuna, ho riconosciuto al telefono. Questo ha fatto sì che la crisi grossa le sia avvenuta in un ambiente protetto come il pronto soccorso dell’ospedale. Fosse successo mentre era sola in casa, le conseguenze sarebbero potute essere ben più serie».

Ora la giovane madre sta meglio.

«La sto seguendo, l’importante in queste cose è fare una diagnosi in fase iniziale, la più corretta possibile, per fare le giuste terapie. Questa cosa che è successa è conseguenza del trauma di febbraio, le è rimasta una piccola cicatrice che di fatto, fa un cortocircuito nel cervello e crea queste crisi. Lei è molto giovane, ma con i farmaci può fare una vita regolare».

«Ci terrei a sottolineare – conclude il dottor Francesconi – che il risultato è frutto di un lavoro di squadra, di tutta l’équipe dell’unità operativa di neurologia».

Il racconto della giovane madre: «Salvata tre volte»

La giovane madre ci ha inviato la sua testimonianza, un racconto toccante di quanto le è successo.

«Si parla molto dell’ospedale di Piombino, del pronto soccorso, dei lavori da fare, dell’unificazione con Cecina, un po’ meno, invece, si parla dei dottori, quelli bravi, quelli che meritano, quelli che davvero salvano le vite. Questo è quello che è accaduto a me.  Ho avuto tre emorragie cerebrali, con Livorno che ha negato il trasferimento per la gravità».

«Una mattina di febbraio mi sono svegliata e, come di consueto, sono andata a prepararmi il mio primo caffè della giornata,  a metà tazzina sono svenuta la prima volta, poi ancora e ancora… ogni volta che qualcuno mi tirava su, io svenivo di nuovo. Poi i figli a scuola e il marito al lavoro, sono rimasta sola e di nuovo sono svenuta». 

«Non è certo una novità, tutti di corsa, tutti a lavoro, di solito sono sempre sola a casa, dalla mattina alla sera, che qualcosa non andava, se ne è accorto solo il mio capo, strano che io non stessi mandando i miei ottomila messaggi giornalieri sulle cose da fare».

Sviene alle 8, si sveglia a mezzogiorno e chiama la madre

«L’ultima volta sono svenuta alle 8 circa, ho riaperto gli occhi a mezzogiorno e mezzo, quando ho chiamato mia madre dicendole di allertare subito i soccorsi». 

«È venuta l’ambulanza e mi hanno portata al pronto soccorso del Villamarina, mi hanno fatto ecografie,  tac, risonanze magnetiche, eco cuore e visite neurologiche. Tre emorragie, la più grande nel lobo frontale, la più pericolosa tra le meningi, motivo per cui non sono stata trasferita a Livorno».

«È successo il giorno di San Valentino e invece di festeggiare ho passato la serata in terapia intensiva, tra la vita e la morte, ed è in quell’occasione che nei giorni a venire ho conosciuto il dottore che per tre volte mi ha salvato la vita, il neurologo Alessio Francesconi».

Dieci giorni al Villamarina 

«Sono rimasta a Villamarina una decina di giorni a febbraio e ho eseguito tutti i controlli neurologici del caso sempre con Francesconi. Oltre a parlare dei miei dilemmi esistenziali, io che sono super ansiosa ma anche iper curiosa di qualsiasi cosa, volevo accertarmi del mio stato di salute nei minimi particolari: tengo più ai miei neuroni che alle “curve” motivo per cui gli ho fatto duemila domande, ma insieme abbiamo discusso anche di filosofia e neuro scienze, di empatia, di oblio, memoria e linguaggio».

«Grazie alle sue rassicurazioni, mi sono convinta che la terapia da lui prescritta fosse davvero quella che mi avrebbe, con calma, fatta tornare la me che sono  sempre stata,  un po’ lunatica ma tanto testarda, con una memoria di ferro, con una gran voglia di imparare e con in testa il motto di Heidegger: la misura di un uomo non si riconosce in base a ciò che cerca, ma all’insistenza con cui resta alla ricerca. Perché io non mi arrendo mai».

I controlli post dimissioni

I giorni passano e marzo e aprile la giovane madre li trascorre tra tac, risonanze magnetiche e elettrocardiogrammi. Riprende il suo lavoro e tutto sembra procedere per il meglio.

«Continuo i controlli con Alessio, i miei controlli neurologici proseguono anche con quelli psico neurologici e cardiologici. Il risultato è che per il linguaggio siamo a posto, ma per la memoria a breve termine un po’ meno».

«Poi un nuovo episodio, una crisi epilettica, nel mese di maggio. Mi svegliai male quella mattina il giorno prima mi avevano clonato la carta di credito, mentre il giorno stesso mi era morto il coniglio al quale mio figlio era molto affezionato, il lavoro da svolgere, la portiera dell’auto che si era rotta, gli esami all’università da dare e la memoria che non collaborava…   Un po’ di stress indubbiamente c’era».

«Mi rimetto al lavoro e a un certo punto, sento un dolore generalizzato nella parte posteriore della testa, proprio dove avevo preso una delle tante botte, presumibilmente, a febbraio. Un dolore che però andava avanti già da tre giorni, essendo, dunque, il quarto giorno consecutivo mi allarmo e comprendo che qualcosa non va».

La telefonata al dottor Francesconi

«Un po’ perché era l’unico medico ad avermi ispirato fiducia quando ero stata in ospedale e sembrava l’unico ad aver compreso le mie ansie, un po’ perché durante i controlli il neurologo Francesconi mi aveva messa a mio agio ed era stato l’unico dottore a darmi le spiegazioni che volevo senza neanche averle dovute chiedere, si era creata un’empatia tra medico e paziente molto intensa, considerando anche che sono una persona diffidente e un po’ schiva».

«Per tutti questi motivi, quel giorno, ho deciso di contattare direttamente lui. Perché se c’era qualcuno di cui in quel momento mi fidavo e che sapevo mi avrebbe potuta salvare se fosse stato qualcosa di grave, era lui».

«Così, non sto a chiamare il 118, ma chiamo il reparto e chiedo di farmi passare il neurologo. Me lo passano e nel frattempo mi accascio sul letto perché mi sembra che mi manchino le forze, inizio a parlare dicendogli che da qualche giorno avevo un dolore generalizzato, volevo chiedergli se era una cosa normale, oppure se era il caso di passare dall’ospedale. Poi da lì il buio. Mi ricordo solo che volevo cercare di dirgli che non riuscivo più a parlare, ma nel frattempo sentivo lui che mi chiamava per nome, lo sentivo, volevo rispondergli, ma non ci riuscivo».

«È stato lui ad allertare mia madre per dirle di venirmi subito a portare in ospedale. Dall’ultimo ricovero il numero di emergenza era rimasto in memoria. Io lo sentivo, ma non riuscivo a rispondere. Sentivo che diceva “cercate il numero della madre, chiamatela subito”. Probabilmente mi sono addormentata ad un certo punto, perché poi ho sentito il campanello di casa suonare e non so come mi sono alzata e sono andata ad aprire poi però mia madre mi ha raccontato che anziché seguirla, sono tornata a letto a guardare il soffitto».

«Così mio padre e mia madre mi hanno presa di peso e mi hanno portata in macchina, nel frattempo io non c’ero già più, guardavo il vuoto non sapevo dove fossi né cosa mi stessero facendo. Mi sono risvegliata di nuovo davanti alla signora del pronto soccorso  che ho sentito chiamarmi, mi ricordo che mi sono alzata dalla sedia poi non mi ricordo altro».

Il grazie al dottor Francesconi

«Alessio Francesconi mi ha salvato la vita tre volte, la prima durante l’emorragie cerebrali, la seconda per telefono, la terza durante la crisi epilettica. Ha capito la gravità della situazione solamente da una telefonata, meno male che l’ho chiamato, meno male che le mie sensazioni erano giuste, meno male che esistono dottori preparati, capaci, svegli e empatici come Alessio. A lui devo non solo la vita, ma anche l’aver ripreso un minimo di fiducia nelle persone, che dovrebbe essere alla base della società, ma che di questi tempi è più che altro un’impresa e bella ardua». 

Autore

  • Direttore di MaremmaOggi. Dopo 30 anni di carta stampata ho capito che il presente (e il futuro) è nel digitale. Credo in MaremmaOggi come strumento per dare informazione di qualità. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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