Canapa industriale: centinaia di migliaia di euro in fumo | MaremmaOggi Skip to content

Canapa industriale: centinaia di migliaia di euro in fumo

È entrato in vigore il nuovo Dl sicurezza e mette in ginocchio un’intera filiera. Vitabile: «Abbiamo già iniziato a lavorare per cercare un compromesso»
Una pianta di cannabis sativa L e Francesco Vitabile
Una pianta di cannabis sativa L e Francesco Vitabile

ROCCASTRADA. Il 12 aprile è entrato in vigore il nuovo decreto legge sulla sicurezza, un decreto legislativo che introduce nuovi reati, inasprisce le pene, va a limitare le manifestazioni e mette in ginocchio l’intero settore della canapa industriale. In gioco ci sono 500milioni di euro di fatturato annuo, di cui diverse centinaia di migliaia di euro in Maremma.

«È un errore molto grave, che crea problemi enormi a circa 20 aziende nel grossetano e a 3mila aziende in tutta Italia. Nella maggior parte del resto del mondo la canapa industriale non è così stigmatizzata – dice Francesco Vitabile del Borgo della Canapa di Ribolla e presidente di Resilienza Italia onlus – A rischio ci sono 30mila lavoratori, di cui 20mila stagionali e 10mila fissi. I produttori sono arrabbiati, abbiamo investito nelle nostre aziende e non sappiamo cosa dobbiamo fare con i prodotti in magazzino».

L’incompletezza dell’articolo 18

L’articolo del decreto legge, non è completo e non dà istruzioni su cosa fare con i prodotti già in vendita o quelli in magazzino. «Il decreto rimarrà in vigore per 60 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, nel frattempo deve essere approvato dalle camere – dice Vitabile – Questo tipo di decreto legge si fanno in casi straordinari ed urgenti, e non capiamo cosa c’era di così urgente da far chiudere 3mila aziende». 

L’articolo 18 va a modificare in parte la legge 242 del 2016, che regola il commercio della canapa industriale. «Il decreto legislativo non vieta la semina, la piantumazione e neanche raccolta di semi e non modifica in modo rilevante l’articolo 2 lettera G della stessa legge, che riguarda il florovivaismo, a cui viene aggiunta la parola “professionale” – dice Vitabile – Come associazione faremo fronte comune e tutto quello che è in nostro potere, come fare ricorso al Tar, intraprenderemo azioni legali, richiederemo risarcimenti e interpellare una commissione europea».

«Paghiamo le tasse, denunciamo ai carabinieri dove piantiamo e cosa piantiamo, siamo regolarmente iscritti alle camere di commercio con codici ateco che lo permettono, piantiamo semi certificati europei e denunciamo ad Artea le semine – continua – Facciamo veramente tutto e siamo in regola. Tutto questo è un grave errore e anche lo Stato perderà circa 150milioni di euro versati all’erario». 

L’intera filiera in crisi

L’articolo 18 del decreto legge sicurezza mette a rischio un settore che potrebbe essere strategico per la transizione ecologica, che potrebbe aiutare le persone, che potrebbe risollevare una produzione interna che non cresce da anni e che potrebbe dare una nuova vita al 70% dei terreni incolti che ci sono in Italia

«Chi ha aperto un’azienda che produce canapa industriale ha prestiti e mutui. E c’è, anche nel grossetano, chi ha attivi contratti di esportazione verso altri Stati, visto che siamo i leader per l’esportazione di questo settore – dice Vitabile – Noi continueremo a lavorare, visto che l’articolo non vieta la semina e la piantumazione, ma il problema è il post raccolto. Come associazione abbiamo iniziato a intraprendere delle azioni legali e chiederemo una legge più morbida e un compromesso al Governo».

La canapa industriale, secondo la scienza, è a basso contenuto di Thc, ovvero la componente che “sballa”. Ma ha con sé il Cbd, un principio attivo che non è psicotropo e che si limitano a rilassare i muscoli e, di conseguenza, a combattere dolori cronici e patologie psicologiche, come l’ansia e la depressione.

 

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