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«Alasia, cooperativa familiare dedita al crimine»

Pendolari dei furti tra la Maremma e la Sardegna: il pm Giovanni De Marco chiede pesanti condanne
La refurtiva nascosta sotto terra
La refurtiva trovata sotto terra nei terreni accanto alle ville degli Alasia

GROSSETO.  «Una cooperativa familiare dedita al crimine». Non ha utilizzato mezzi termini il sostituto procuratore Giovanni De Marco, per sostenere l’accusa di associazione a delinquere nei confronti dei membri della famiglia Alasia , a processo per una miriade di furti messi a segno tra il 2014 e il 2015. A Grosseto, ma anche in Sardegna, dove alcuni membri della famiglia di origine sinti che abita tra via dei Laghi e via Scansanese, «in abitazioni totalmente abusive», ha rimarcato il pm, erano andati per svaligiare le ville.

Le richieste di condanna

Paolo, Mariolino, Silvano e Orlando Alasia  hanno partecipato all’udienza fin dall’inizio. Mery Alasia  e Mariuccia Alafleur, considerata, insieme al marito, il capo dell’organizzazione, sono entrate in aula in tempo per sentire le richieste di condanna del magistrato. Che ha chiesto l’assoluzione per i furti che avevano fatto scattare l’allarme sicurezza a Grosseto nel 2014. «Ma non perché non li abbiano commessi  – ha detto – ma perché non è stato possibile attribuire questi fatti personalmente a ciascuno di loro».

Di fronte al collegio composto da Adolfo Di Zenzo (presidente) e dai giudici Laura Previti e Ludovica Monachesi, il pm ha chiesto la condanna di Paolo Alasia a 6 anni e 9 mesi, Mariuccia Alafleur 7 anni e 6 mesi, Orlando Alasia 6 anni e 9 mesi, Silvano Alasia 7 anni, Mariolino Alasia 7 anni e 6 mesi, Mery Alasia, 3 anni e 2.200 euro di multa, Veronica Alasia 4 anni e 2.000 euro di multa, Emanuele Cherubini, 2 anni di reclusione, Angelo Alasia, 3 anni e 4 mesi e 2.000 euro di multa, Kevin Cavazza, 3 anni e 1.500 euro di multa e Margherita Alasia a due anni e 7 mesi.

L’operazione Ciriclò

Il 31 marzo 2016 i carabinieri del nucleo investigativo e quelli della compagnia di Grosseto si presentarono in via dei Laghi con un’ordinanza di custodia cautelare.  14 persone furono arrestate 10 di loro furono portate in carcere. Nella casa dove abitava Margherita Alasia, a processo con l’accusa di favoreggiamento, era stato trovato un raro esemplare di uccello. Un falco, che in sinti i componenti della famiglia, chiamavano appunto “ciriclò” e che era stato rubato nell’abitazione di un uomo di Campagnatico.

Il falco trovato dai carabinieri
Il falco trovato dai carabinieri

La mattina del blitz, in via dei Laghi a Roselle, i carabinieri si presentarono in forze: cinquanta militari e un escavatore. Sepolti nei terreni, alcuni dei quali non di proprietà della famiglia, i militari trovarono orologi e gioielli, che erano stati rubati durante i colpi cominciati un anno e mezzo prima. «Furti che presentavano tutti lo stesso modus operandi – ha detto il pm – Una volta entrati nella case, aprivano le casseforti con una smerigliatrice, poi portavano via tutto il contenuto».

Gli uomini del nucleo investigativo, durante la lunga e difficile indagine, hanno trovato anche il negozio nel quale era stato acquistato il materiale utilizzato per aprire le casseforti. Una ferramenta di Grosseto, dove alcuni componenti della famiglia Alasia sono stati visti più volte nel corso dei mesi: gli oggetti acquistati erano quasi sempre smerigliatrici e dischi in acciaio, indispensabili per portare a termine il lavoro.

Oro, gioielli, orologi: secondo le indagini, durante un colpo nella villa di un russo in Sardegna, erano riusciti a portare via orologi per un valore di  450.000 euro. Assistiti dagli avvocati Roberto Cerboni, Riccardo Lottini, Adriano Galli e Nicola Muncibì, i componenti della banda hanno confessato i colpi messi a segno sull’isola dove la banda agiva con lo stesso modus operandi dei furti commessi a Grosseto.

Auto di lusso e videopoker

Una struttura piramidale, quella ricostruita dal sostituto procuratore Giovanni De Marco, con a capo i nonni. E figli e nipoti, ognuno con un ruolo preciso e con un tenore di vita impossibile da sostenere per chi, come loro, non ha un’occupazione stabile. «Vivono in case abusive – dice il pm – gli sono state trovate una settantina di schede telefoniche in uso, tutte non riconducibili a loro, viaggiano su auto di grossa cilindrata e spendono tantissimo nei videopoker. L’unica attività svolta è quella dei furti: la loro è una cooperativa familiare dedita al crimine».

Da sinistra la cancelliera Roberta Marinoni e i giudici Laura Previti, Adolfo Di Zenzo (presidente) e Laura Monachesi
Da sinistra la cancelliera Roberta Marinoni e i giudici Laura Previti, Adolfo Di Zenzo (presidente) e Laura Monachesi

Pendolari dei furti tra la Maremma e la Sardegna, qualche volta in disaccordo tra loro, soprattutto tra gli adulti che impartiscono gli ordini e i giovani che gli eseguono. Capaci di fare un vero e proprio business plan per capire come meglio gestire il patrimonio messo insieme con i vari furti. Spesso sarebbero state le donne della famiglia a suggerire come e dove agire. «C’è la processione stasera, tra le 21 e mezzanotte», hanno sentito i carabinieri nelle intercettazioni. «Ma non sono religiosi – ha puntualizzato in aula il pm – lo dicevano solo per significare che le case in quell’arco di ore, erano vuote».

Ora si torna in aula a fine ottobre, per la decisione dei giudici.

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