Addio al vecchio clochard, la lettera di don Enzo Skip to content

Addio al vecchio clochard, la lettera di don Enzo

Nella Giornata mondale dei poveri, le struggenti parole del presidente della Caritas per Mosè, scomparso lo scorso anno e che lui stesso aveva accolto

GROSSETO. Domenica 13 novembre, la Chiesa cattolica celebra la VI Giornata mondiale dei poveri. Istituita nel 2007 da papa Francesco, ogni anno ha un proprio tema, che per il 2022 è tratto dalle parole dell’apostolo Paolo ai primi cristiani di Corinto: “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (Cor. 2, 8-9).

La ricorrenza è anche l’occasione per la Caritas diocesana di Grosseto, per «rompere il muro di indifferenza globalizzata e l’assistenzialismo emergenziale – scrive – e ricordare tanti poveri che sono morti o sulle panchine delle città o nella profondità del Mediterraneo. Se manteniamo viva la memoria di ciò che accade attorno a noi, i poveri non saranno più numeri anonimi per scrivere statistiche ma volti, storie e parte di una umanità che costruisce la storia».

Le parole di don Enzo Capitani per tutti i Mosè del mondo

Don Enzo Capitani, direttore della Caritas di Grosseto, ha colto questo momento così particolare per scrivere una lettera dedicata al clochard Mosè, scomparso lo scorso anno, una delle anime toccate dalla sua attività, che diventa così il simbolo dei dimenticati.

Ma le struggenti parole di don Enzo, vogliono essere un monito, un invito alla riflessione, ad abbattere le barriere che separano i “più fortunati” dagli invisibili che popolano le città. Un appello che va oltre la fede e si rivolge alla profondità del cuore di tutti.

Eccole:

A Mosè

Sei entrato improvvisamente nella mia vita un pomeriggio di 15 anni fa. Aspettavi nel corridoio della Caritas, dove avevo l’ufficio. Tra un colloquio e l’altro mi chiedesti 30 euro per comprare – mi dicesti – un sacco a pelo per dormire la sera. Ti guardai in silenzio, pensando tra me: “Gli credo o no ?” Non risposi, ma ti detti quello che avevi chiesto: mi guardasti stupito e ringraziasti.

Non so se quel pomeriggio comprasti il “sacco a pelo” o se con quei soldi facesti “festa”… più facile e vera la seconda, dal momento che poi ti ho incontrato tutti i giorni per la strada o più semplicemente a mangiare e a fare la doccia in Caritas. Così avevi deciso di vivere la tua vita e di dormire sotto una coltre di stelle. Per tetto l’infinito del cielo, che sempre ti accoglieva anche se non sempre tu ne eri consapevole.

Avevi un nome che riecheggiava ben altri personaggi storici e altre imprese, ma anche tu avevi un “cuore di leone” dal momento che vivere sulla strada richiede coraggio.

Un coraggio che io, a differenza tua, non avrò mai.

Poi, improvvisamente, qualche anno fa ti ho cambiato nome: Mosè! Perché fosti salvato dalle acque di un mare Mediterraneo che non è certamente meno nobile del tuo Mar Rosso, ma con acque ugualmente pericolose. Fosti salvato non dalle mani di una principessa, ma più prosaicamente dai mezzi provvidenziali dei vigili del fuoco, che noi comunque chiamiamo “angeli”.

Adesso Mosè hai terminato il tuo viaggio, hai raggiunto la tua Terra Promessa, là dove non c’è dolore né sofferenza, ma solo quell’Amore che forse hai cercato invano nel tuo peregrinare. Ti accoglie l’abbraccio del Padre che ti avvolge col suo cielo trapuntato di stelle.

Aspettami Mosè, perché anch’io, ormai viaggiatore stanco, un giorno ti raggiungerò in una festa che non avrà mai fine; nel per sempre.

Don Enzo Capitani

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