GROSSETO. La pubblicazione dei dati del Programma nazionale esiti 2025 conferma l’ottima performance dell’Asl Toscana sud est nel trattamento dell’infarto miocardico acuto.
Nelle province di Arezzo, Grosseto e Siena (quest’ultima gestita in coordinamento con l’Aou senese) la mortalità osservata a 30 giorni si attesta complessivamente al 3,7%, un valore significativamente inferiore sia alla media nazionale (6,8%) sia a quella toscana (4,3%).
Grosseto seconda provincia in Italia per sopravvivenza
A emergere in modo particolare sono i risultati registrati tra i residenti delle province di Grosseto, con una mortalità del 2,7%, che vale il secondo posto nella classifica nazionale su 121 province. E quello di Arezzo, con una mortalità del 3,9%, che si colloca all’ottavo posto.

Numeri che certificano l’efficacia dell’intera rete aziendale, frutto di un lavoro multidisciplinare e multiprofessionale, non riconducibile a un singolo presidio o reparto.
Una rete integrata dal territorio all’ospedale
Il percorso di cura parte dalla formazione, dalla diffusione dei defibrillatori automatici sul territorio e dal ruolo centrale del 118, per proseguire lungo tutta la rete ospedaliera fino alla gestione specialistica nelle strutture che operano in integrazione.
A contribuire ai risultati certificati dal Pne 2025 è anche l’elevato volume di attività clinica dei due hub ospedalieri aziendali di Arezzo e Grosseto, che nel corso dell’anno hanno ricoverato ciascuno il maggior numero di infarti “Stemi” – la forma più grave e tempo-dipendente – tra tutti i presìdi ospedalieri della Toscana.
Limbruno: «Cure eccellenti anche in un territorio complesso»
«L’eccellenza delle cure – spiega il direttore della Cardiologia di Grosseto, Ugo Limbruno – è assicurata indipendentemente dallo snodo della rete al quale il paziente accede in emergenza. Un dato ancora più rilevante se si considera la dispersione geografica delle province gestite dall’Asl Toscana sud est e i tempi di trasporto inevitabilmente più lunghi, che possono rappresentare una criticità in una patologia fortemente tempo-dipendente».
«Per il trattamento dell’infarto – prosegue Limbruno – serve un grande gioco di squadra, basato sul coordinamento tra diverse professionalità, discipline sanitarie e livelli della rete ospedaliera».





