Prende il suo primo cinghiale. Il debutto di Sharon, 30 anni | MaremmaOggi Skip to content

Prende il suo primo cinghiale. Il debutto di Sharon, 30 anni

A 30 anni ha abbattuto il suo primo cinghiale: «La caccia è natura, studio e rispetto. Siamo parte dell’equilibrio del territorio, non assassini»
Sharon Tinturini con il suo cane
Sharon Tinturini con il suo cane

GROSSETO. Una passione tramandata di generazione in generazione, uno sport spesso visto male ai giorni nostri e accompagnato anche da diversi insulti: questa è un po’ la caccia in Maremma. L’arte venatoria è parte della tradizione maremmana, radicata in profondità. Una passione non sempre compresa, spesso giudicata come mera voglia di uccidere animali.

Nelle nuove generazioni questo interesse si sta un po’ perdendo e nelle squadre di cacciatori i giovani sono davvero pochi. Tra loro c’è Sharon Tinturini, 30 anni, che qualche giorno fa ha sparato al suo primo cinghiale.

«La mia è una famiglia di cacciatori e questa passione nasce dalla condivisione di momenti in mezzo alla macchia. Non si tratta solo di sparare, ma di stare a contatto con la natura e con il proprio cane – dice Sharon – Non tutti capiscono la caccia e va bene così. L’unica cosa che mi dà fastidio è quando iniziano a insultarci e a dirci che siamo degli assassini».

Il primo cinghiale preso 

La passione di Sharon è iniziata quattro anni fa, dopo aver allevato una cucciolata di setter.

«Ho preso il porto d’armi e ho iniziato a cacciare. Nella macchia e nel bosco mi sento in un luogo protetto – racconta – Dietro c’è molto studio per riconoscere il genere e l’età degli animali, e ci impegniamo sempre a rispettare la natura. Un vero cacciatore non spara a una beccaccia se sa che si sono riprodotte poco, così come non colpisce un cinghiale troppo piccolo. E, soprattutto, segue le regole».

La 28enne ha sparato per la prima volta a un cinghiale in una situazione tutt’altro che semplice, per via del ruolo che ricopre nella squadra di Montorsaio, “I Verri di Maremma”.

«Io sto nella parte che deve “parare” e mandare il cinghiale verso la posta, cioè dove ci sono i tiratori. Ho provato a spingerlo in quella direzione, ma mi si è parato davanti e quindi ho sparato – dice Sharon – Alla caccia al cinghiale vado con mio nonno e ho visto nei suoi occhi l’orgoglio quando ha saputo che ero stata io a prenderlo. È stata un’emozione unica, piena di adrenalina, anche con un po’ di paura».

La caccia per Sharon

Per la giovane cacciatrice, la caccia è tradizione e passione, soprattutto quella alla beccaccia.

«Mi sento un tutt’uno con la natura quando vado a caccia e posso stare vicino ai miei cani, che sono fondamentali – spiega – Senza di loro non faremmo molto: trovano le prede e ce le riportano, anche quando siamo al capanno».

Lo sport venatorio ha radici profonde nella cultura maremmana e, allo stesso tempo, è vero che i cacciatori svolgono anche un ruolo di regolazione delle specie sul territorio.

«Abbiamo molto rispetto per la natura, seguiamo orari e leggi per praticare questo sport – dice Sharon – La caccia esiste da sempre ed è brutto sentirsi dire che siamo assassini. Anche perché senza i cacciatori ci sarebbero problemi per l’agricoltura e un maggiore avvicinamento degli animali pericolosi all’uomo o agli animali domestici».

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