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Amiata cosmopolita: artisti, chef e viaggiatori lo scelgono

Dalla chef messicana al traduttore: le storie di chi ha lasciato la frenesia per vivere tra boschi, comunità e qualche ostacolo burocratico
Una visuali di Arcidosso e da sinista Mónica Patiño e Jamyang Oliphant
Una visuali di Arcidosso e da sinistra Mónica Patiño e Jamyang Oliphant

MONTE AMIATA. La Maremma, dalla costa alla montagna, è ricca di una natura meravigliosa, fatta di colori, animali e macchia mediterranea che fanno invidia a molti altri luoghi d’Italia. Terre incolte, selvagge e amare, che attirano turisti e persone che decidono di trasferirsi nel cuore del Monte Amiata. Proprio come hanno fatto il traduttore Jamyang Oliphant e la chef messicana Mónica Patiño.

La bellezza della provincia di Grosseto, per chi arriva da una vita frenetica, risiede proprio nella lentezza, che permette di assaporare il territorio con più consapevolezza.

«Sin da piccolo venivo in Maremma perché i miei genitori seguivano il centro tibetano Merigar West, alle pendici del Monte Amiata. Ho vissuto in Asia e in America, ma ho sempre sentito un legame forte con Arcidosso e la montagna – racconta Jamyang – Lavoro come traduttore e continuo a viaggiare, ma sono ad Arcidosso per sei mesi l’anno».

Lontani dalla vita frenetica

Non solo Jamyang e Mónica: molti hanno scelto il Monte Amiata come casa. Scrittori, artisti ed enologi che hanno deciso di dare una svolta alla propria vita, più vicina alla natura e lontana dalla frenesia delle grandi città. Tra loro anche l’artista americano Namsal Siedlecki, che ha esposto in tutta Italia e a Berlino.

«Ho visitato Castel del Piano per la prima volta nel 2005 per il centro Merigar, venivo ogni volta che potevo. Mi ha affascinato la natura e i sapori autentici del cibo – racconta Mónica – Sei anni fa ho deciso di trasferirmi sul Monte Amiata: io e il mio compagno abbiamo trovato un vecchio casale, lo stiamo ristrutturando e abbiamo aperto un ristorante, Casa Virginia».

«La combinazione di ulivi e castagni mi incanta ogni giorno – aggiunge – Nella mia cucina si sente il Messico e la Maremma. A Castel del Piano ho trovato sapori e profumi che si uniscono perfettamente alle tecniche di cottura che porto con me. Qui ho ritrovato il contatto con la natura che mi mancava».

Per Jamyang, invece, Arcidosso è davvero casa. «Qui sento un forte senso di comunità e sono felice di vivere qua. È un posto tranquillo, che lentamente si apre al mondo. E, se si sa dove cercare, ci sono molte attività ed eventi a cui partecipare».

L’unica pecca? La burocrazia

È noto: Italia fa spesso rima con burocrazia. Per chi arriva da Paesi più organizzati non è semplice orientarsi.

«Quando ho scoperto l’Ecobonus 110% mi ci sono fiondato – racconta Jamyang – Pensavo fosse il modo più veloce e meno costoso per comprare una casa ad Arcidosso. Ma le cose non sono andate come immaginavo: i lavori procedono lentamente da anni e, a furia di insistere, sono diventato amico dei dipendenti della ditta».

Molti si ritrovano nella stessa situazione: scelgono la Maremma per la tranquillità, ma poi devono fare i conti con i classici inghippi all’italiana.

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