GROSSETO. Fabio De Rosa è un esperto di informatica e cybersicurezza. Conosce la materia a menadito, tanto da essere stato invitato alla Camera dei deputati a discutere di cryptovalute.
Gli attacchi e i commenti violenti sotto al post sui risultati dell’autopsia di Aurora Bellini non lo hanno sorpreso. «Parole violente, crudeli, prive di empatia – dice – un fenomeno che, purtroppo, conosco molto da vicino nel mio lavoro quotidiano nelle scuole».
Cyberbullismo, un affare da genitori
Fabio De Rosa, oltre a lavorare per l’azienda Internetfly, si occupa di informatica e sicurezza informatica ad alti livelli, collaborando con il Ministero dell’Interno, enti e federazioni sportive con il safeguarding.
Nei mesi scorsi ha svolto corsi nelle scuole del territorio sul tema del cyberbullismo, revenge porn e sull’educazione digitale, tramite la onlus Antiviolenza femminile “Tutto è Vita”, impegnata da anni nella prevenzione della violenza e nella promozione del rispetto.
«Quello che emerge costantemente da questi incontri è chiaro: il cyberbullismo non nasce dalla forza, ma dal disagio.
Chi insulta, deride o diffonde odio spesso è una persona sola, fragile, ferita, che usa lo schermo come scudo e amplificatore di frustrazioni – dice – E, fatto ancora più allarmante, non sono solo adolescenti, sempre più spesso sono adulti, genitori, che dovrebbero essere esempio e guida, e invece diventano “leoni da tastiera”. Sono proprio gli adolescenti stessi che ce lo comunicano durante i corsi e fortunatamente gli stessi figli fanno in quel caso da “genitori” ai loro stessi».
Puntare sull’educazione digitale
«Persone che nella vita reale non riuscirebbero a pronunciare neanche una di quelle parole, anzi, proverebbero una grande vergogna. Alcuni mesi fa lo stesso sindaco di Grosseto, Antonfrancesco Vivarelli Colonna, ha dovuto fronteggiare un attacco social da parte di uno pseudo-fan, trasformando con grande umanità quel momento in un’occasione di ascolto e recupero.
Perché, e questo va detto, molti di questi “leoni” hanno solo bisogno di essere ascoltati e seguiti, prima ancora che puniti».«Cosa serve davvero contro il cyberbullismo quindi? Portare l’educazione digitale e l’empatia dentro le scuole fin dalle medie, non come lezioni teoriche ma come laboratori di ascolto e confronto. Proprio in queste settimane si sta discutendo dell’usare o meno la tecnologia in classe. Inoltre si dovrebbero coinvolgere le famiglie, con percorsi di sensibilizzazione per genitori e insegnanti».
«Riconoscere i segnali di disagio dietro certi comportamenti online e offrire supporto psicologico a chi ne ha bisogno. Insegnare ai ragazzi (e agli adulti) che dietro ogni schermo c’è una persona reale con sentimenti, fragilità, vita.
Il cyberbullismo non è un “male di Internet”: è un grido silenzioso che nasce dal dolore e si trasforma in violenza.
Se vogliamo davvero combatterlo, dobbiamo curare il disagio, non solo punire i sintomi».«Quest’anno fortunatamente ci saranno altri corsi nelle scuole, ma purtroppo sempre e comunque in forma privata, mai in forma pubblica che provenga dallo stato. Sembra che il governo non ascolti. Ho inviato un pensiero sul digitale a Fabrizio Rossi, parlamentare di Fratelli d’Italia, che possa farsi carico di alcune idee sulla risoluzione del digitale nelle scuole, magari che le possa portare all’attenzione del ministro Giuseppe Valditara».




