GROSSETO. Il consiglio regionale ha approvato (in prima lettura, poi ci saranno le osservazioni e un nuovo voto) a maggioranza il nuovo Piano faunistico venatorio. L’atto è stato illustrato in aula dal presidente della commissione sviluppo economico e rurale Gianni Anselmi (Pd). Il piano è stato approvato con 23 voti a favore (Pd, Italia viva), un voto contrario (Gruppo misto-Alleanza Verdi e Sinistra) e 11 voti di astensione (FdI, Lega, Gruppo misto-Merito e lealtà).
Tante le novità del piano, ma la principale è che si vanno a distinguere le aree «vocate» e «non vocate» agli animali selvatici, di conseguenza nelle zone coltivate non ci possano più essere ungulati che danneggino il lavoro degli agricoltori. Cinghiali, caprioli, mufloni, daini, non potranno prosperare vicino alle aree destinate alle coltivazioni.
Approvato anche un ordine del giorno del Partito democratico (primo firmatario Gianni Anselmi) in merito all’istituzione di un tavolo di concertazione permanente in materia faunistico-venatoria e alla previsione degli stati generali della fauna e dell’agricoltura.
Approvata all’unanimità anche una delle quattro proposte di risoluzione presentata dalla Lega, prima firmataria Elena Meini. L’atto impegna la giunta “a prevedere un maggiore coinvolgimento, per il contrasto agli ungulati, con particolare riferimento ai cinghiali, delle squadre di cacciatori esperti nel settore, cioè le squadre del cinghiale del distretto”.
La vicepresidente della giunta regionale Stefania Saccardi, che ha le deleghe all’agricoltura, ha ringraziato il consiglio per il lavoro svolto: «L’atto è stato approfonditamente esaminato, il lavoro del consiglio è stato prezioso, di approfondimento e anche di miglioramento in tanti aspetti, in particolare nella sistemazione della cartografia. Erano dieci anni che aspettavamo questo atto. La complessità ha dato prova della necessità di tempo, perché il piano fosse approfondito, corredato dagli studi necessari, dotato dei pareri che lo corredano. Sul piano dell’intervento e del controllo venatorio sono state fatte tante cose in questa legislatura».
Secondo l’assessora, è stato ricercato «un equilibrio complicato, che con umiltà abbiamo provato a tenere. Non c’era volontà di chiusura, abbiamo accolto tanti contributi».
Piano venatorio, ora spazio alle osservazioni
Il piano, giunto all’adozione dopo varie sedute di consultazioni e di approfondimento in seduta congiunta con la commissione territorio e ambiente, presieduta da Lucia De Robertis, è approdato in aula e adesso si aprirà la finestra temporale in cui gli interessati potranno avanzare osservazioni. Solo dopo le controdeduzioni a queste e il secondo voto dell’aula il testo sarà approvato in via definitiva.
Il piano è lo strumento di pianificazione che stabilisce gli indirizzi e gli obiettivi delle politiche regionali in materia di gestione del territorio agricolo forestale destinato alla protezione della fauna e alla caccia programmata.
Anselmi: «Per la prima volta c’è una pianificazione del territorio»
«È il primo autenticamente regionale – ha detto il presidente Gianni Anselmi. – Per la prima volta si affronta una pianificazione del territorio nella materia, per assicurare un’impostazione omogenea nel rispetto delle strategie, degli obiettivi e delle prerogative dei soggetti istituzionali e del mondo degli stakeholders in campo».
L’obiettivo generale del piano come ha ricordato il presidente è la «conservazione delle specie di faune selvatiche e la programmazione del prelievo venatorio compatibile con le esigenze di tutela basato su stime quantitative delle specie stanziali e sulla valutazione dello stato di conservazione delle specie migratrici».
Si è ribadito che occorre «tener conto degli interessi delle varie categorie non solo del mondo venatorio ma anche considerando il rapporto tra produzione agricola e presenza delle faune selvatiche che produce danni sia all’attività di produzione che alla vita delle persone come la sicurezza degli spostamenti, agli escursionisti e al mondo ambientalista».
Tutela “intelligente” e conservazione della fauna selvatica
E ancora, tra gli obiettivi del piano, come spiegato da Anselmi si attuano:
- la pianificazione faunistico venatoria, tenendo conto delle realtà ambientali e del contesto socioeconomico del territorio, per perseguire gli obiettivi di tutela intelligente e conservazione della fauna selvatica;
- la tutela dell’equilibrio ambientale e degli habitat presenti;
- la regolamentazione del prelievo venatorio anche attraverso interventi di riqualificazione attiva e di disciplina dell’attività venatoria.
Tali azioni si realizzano mediante l’articolazione del territorio in comprensori omogenei, l’individuazione della localizzazione ed estensione degli istituti faunistici, la disciplina degli appostamenti fissi di caccia, i criteri per la prevenzione dei danni causati dalla fauna selvatica, quelli per la tutela e il ripristino degli habitat naturali e di incremento della fauna selvatica.

Il territorio diviso in varie zone
Quindi all’interno di ognuno dei comprensori esistenti in Toscana, il piano individua
- le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna e le oasi di protezione;
- le zone di ripopolamento e cattura e le zone di rispetto venatori;
- i centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale;
- i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale;
- le aziende faunistico venatorie;
- le aziende agrituristico venatorie;
- le aree di addestramento e allenamento cani;
- le zone in cui sono collocabili appostamenti fissi;
- le aree vocate e non vocate per ciascuna specie di ungulato;
- i parchi nazionali e le aree protette;
- tutte le ripartizioni del territorio necessarie per l’organizzazione del prelievo venatorio.
A corredo del piano faunistico venatorio, una nuova cartografia interattiva, che sarà consultabile sul sito della Regione e l’inserimento di elementi di dinamicità nello strumento del governo dei perimetri delle aree vocate e no, introducendo delle revisioni periodiche e condivise.
Da evidenziare, poi, la valorizzazione del volontariato che sta nel territorio e gli investimenti sui servizi informatici e sulla formazione, in particolare al piano sulla sicurezza.
«Il piano include, rafforza e rinnova gli strumenti di intervento, introducendo e scrivendo per la prima volta – conclude Anselmi – il principio secondo cui, laddove c’è attività agricola praticata e operativa e produzione sul territorio, tendenzialmente quelle porzioni del territorio regionale devono intendersi come aree non vocate alla presenza di animali non compatibili all’attività agricola».
Infine, Anselmi ha ribadito la necessità della conservazione della fauna protetta e l’equilibrio tra l’attività di prevenzione e di ristoro con la fiducia che il ristoro sia residuale e di emergenza.
Coldiretti: «Momento importante per la gestione degli ungulati»
Soddisfatto il presidente di Coldiretti Grosseto, Simone Castelli.
«Con il nuovo piano faunistico venatorio dovranno essere messe in campo tutte le azioni necessarie per impedire che cinghiali, daini, caprioli possano danneggiare ancora le coltivazioni che sono la primaria fonte di reddito agricolo». Il piano contiene infatti al suo interno il principio proposto da Coldiretti Toscana secondo cui è incompatibile la presenza della fauna selvatica nella aree di coltivazione agricola.
«È un momento importante che segna un cambio di approccio nel percorso di riequilibrio della presenza della fauna selvatica sul territorio. Il piano contiene al suo interno il principio che abbiamo proposto e sostenuto in questi anni: dove sono presenti coltivazioni agricole professionali e non, sulla base della banca di Artea, non possono essere presenti contestualmente ungulati. – prosegue il presidente di Coldiretti Grosseto – I cinghiali, ed in generale la fauna selvatica, rappresentano una calamità per le produzioni agricole ed un serio pericolo per la sicurezza stradale e sanitaria. Il cambio di approccio del piano alla gestione della fauna è una nostra vittoria».
Coldiretti Grosseto ringrazia il governatore Giani e la vice presidente Stefania Saccardi, tutta la giunta, il consiglio regionale ed i presidenti della commissioni 2° (Sviluppo rurale, agricoltura, caccia e pesca) e 4° (politiche dell’ambiente, della cooperazione internazionale e del terzo settore) presiedute rispettivamente da Gianni Anselmi e Lucia De Robertis.
Critico il Wwf: «Per difendere le colture si pensa solo al fucile»
Molto critica la posizione del Wwf regionale.
«Per quanto riguarda la destinazione differenziata del territorio – scrivono – è stata fatta una semplice fotografia dell’esistente, con una superficie protetta che non aumenta di un metro quadro. Questo con un tentativo concomitante di aumentare, piuttosto che di contenere, un’attività venatoria di cui la Regione tende a nascondere gli impatti ed anzi a magnificare fantomatici effetti positivi».
«Nel piano annotiamo l’assenza di qualsiasi proposta per aumentare il livello di tutela delle specie in difficoltà. Anche per quanto riguarda il rapporto fra fauna selvatica e colture agricole (in particolare per quanto riguarda le popolazioni di ungulati) ancora una volta l’unica modalità proposta è quella del fucile, nonostante che sia ormai evidente la non efficacia (e la pericolosità) del sistema in atto».
«Oltre 1000 pagine di provvedimento e di allegati, sostanzialmente per dire che tutto va bene così, che si può continuare a cacciare così, anzi, che bisognerebbe cacciare di più, dato che, si afferma, la caccia farebbe bene alla fauna selvatica, come nel caso degli appostamenti fissi di caccia, dipinti paradossalmente come “oasi di biodiversità” invece che per quello che sono, cioè trappole terribili e mortali per la fauna».
«In qualche caso, di fronte all’evidenza, si ammette anche che la caccia costituisce una criticità (per esempio per siti come il padule di Fucecchio, il lago e padule di Massaciuccoli, gli stagni della piana fiorentina), ma niente si fa per ridurre questa criticità, come niente si fa per ridurre l’impatto della caccia sulle tante specie in difficoltà».



