SCARLINO. Il fumo è tornato a uscire dalla ciminiera della Venator. Il 9 ottobre è stata riattivata almeno una linea nello stabilimento di Scarlino, operazione temporanea che durerà inizialmente circa dieci giorni ma potrebbe essere estesa a due-tre mesi. Un segnale tangibile che mostra che l’impianto è vivo, anche se non si tratta di una ripartenza completa.
Il fumo che torna a uscire dalla ciminiera è simbolo di speranza per lavoratori, sindacati e comunità dopo più di due anni di arresto produttivo.
Il riavvio parziale non cancella le criticità economiche e di mercato che hanno portato al fermo produttivo. Permette, tuttavia, di mantenere vivo il presidio industriale e di dimostrare che l’impianto è funzionante.
Martedì prossimo si terrà un nuovo incontro per fare il punto circa la vendita dello stabilimento e il rilancio complessivo. È in quel contesto che si capirà se questo “fumo” potrà trasformarsi in una ripresa piena.
Non si tratta di un rilancio totale: l’operazione mira a rilavorare materiali accumulati negli anni, da immettere sul mercato. Serve ad attivare alcune macchine, effettuare manutenzioni e dare occupazione ad alcuni tecnici.
La vertenza Venator: cos’è successo negli ultimi mesi
A giugno 2025 è stata firmata in Regione la proroga del contratto di solidarietà per i lavoratori Venator fino a gennaio 2026.
La Regione ha affiancato l’accordo con un progetto di formazione per i dipendenti, in vista dell’ingresso di eventuali nuovi investitori.
La proprietà Venator – secondo quanto emerso al tavolo istituzionale – ha aperto alla cessione dello stabilimento e avrebbe incaricato un advisor per individuare partner interessati.
Le difficoltà finanziarie e di liquidità sono state indicate come ostacolo principale per prolungare gli ammortizzatori sociali senza interventi esterni.
Il sostegno della Regione e del ministero
La Regione Toscana si è fatta carico anche dell’indotto dello stabilimento: in aprile è stato siglato un intervento per alcuni lavoratori della ditta appaltatrice Sepin, con misure di politiche attive e formazione.
Parallelamente, la Regione ha richiesto un forte impegno della casa madre per garantire continuità finanziaria e chiarimenti sul piano industriale.
Contemporaneamente, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha avviato un percorso di reindustrializzazione con tutela dei lavoratori, con monitoraggio fissato al 24 settembre 2025 per valutare i progressi.
Le istituzioni locali – la Regione, i sindaci e i parlamentari del territorio – hanno sollecitato trasparenza e un impegno concreto da parte della proprietà.
Il significato del rilancio parziale
La riattivazione di una linea produttiva non significa la fine della crisi, ma rappresenta un’ancora concreta di fiducia. Permette di mantenere competenze, stimolare attività di manutenzione e dare evidenza che l’impianto è tecnicamente funzionante.
Sindacati e rappresentanti aziendali condividono che serve un piano industriale chiaro e investimenti per andare oltre la fase ponte. Fabrizio Dazzi (segretario Filctem Cgil Grosseto) sottolinea che è «un primo passo», utile a dimostrare che lo stabilimento è vivo e che le maestranze sono ancora operative. Riccardo Tosi aggiunge che ora serve una prospettiva chiara, un piano industriale e volontà d’investimento per tornare a pieno regime.
Il confronto istituzionale è già fissato: le parti si incontreranno martedì 14 ottobre per mettere a punto la strategia di vendita, rilancio e piena ripresa. In quell’occasione sarà chiaro se questo fumo potrà trasformarsi in una vera rinascita industriale e occupazionale.




