Transizione e tabù, la storia di Francesca: «Sono me stessa, non un errore» | MaremmaOggi Skip to content

Transizione e tabù, la storia di Francesca: «Sono me stessa, non un errore»

Dalla diagnosi di disforia di genere al sostegno della famiglia. La testimonianza di una donna che chiede solo una cosa: essere trattata come chiunque altro
La bandiera transessuale
La bandiera transessuale

GROSSETO. In molti pensano che sia una scelta, una devianza del genere e la fine della mascolinità: «E poi chi ci va in guerra? Guarda come si conciano». Ma dietro al trucco e alla transizione di genere ci sono persone. Individui che lottano ogni giorno per accettare il proprio corpo e per essere trattati come esseri umani

Essere una persona trans non è semplice, come non lo è essere etero, fluidi o omosessuali. Questo perché è difficile essere umani, ma lo è di più se dietro si ha una platea che non accoglie l’identità altrui, che sia di genere o sessuale. Per questo nasce questo articolo, per provare ad abbattere qualche tabù raccontandovi la storia di Francesca Picchianti

«Se avessi potuto scegliere veramente non sarei stata una ragazza trans, perché è difficile. Non si tratta solo di affrontare cure ormonali o operazioni: vuol dire imparare a non ascoltare le risate quando passi e non essere accettati – dice Francesca – Alle superiori avevo fatto “coming-out” come ragazzo gay e in paese mi hanno tirato le pietre. Io ho sempre saputo di essere Francesca e non Francesco».

La transizione di Francesca

Francesca ha sempre saputo di essere una donna fin da bambina. E ha scelto il percorso di transizione per poter vivere finalmente libera. Non si tratta solo di genitali, si tratta di cosa una persona semplicemente è. E il coraggio lo si vede quando si decide di andare contro una società pronta a puntare il dito, a deridere e a non accettare le scelte del prossimo.

«Quando ne ho parlato con mio fratello mi ha detto che già sapeva che io fossi una ragazza, perché quando c’era da scegliere un personaggio per qualche gioco io mi identificavo meglio con quelli femminili – dice Francesca – E in quinta superiore, nel 2017, ho intrapreso il percorso per diventare chi io sono veramente: visite mediche e psichiatriche erano all’ordine del giorno per me».

«Sono seguita al Careggi di Firenze, lì ho iniziato il mio lungo percorso. C’è un iter preciso da intraprendere per poter diventare quello che si è – continua – Ho fatto le visite psichiatriche, mediche e controlli per poter accedere alla cura ormonale. In un mondo perfetto sarei nata donna, ma posso dire che alla mia prima Moc mi hanno detto che sono fortunata perché ho la distribuzione ossea più simile a quella di una donna che a quella di un uomo».

Per accedere al percorso è necessario avere una diagnosi di uno psichiatra di disforia di genere, che non è altro che il disagio psicologico che deriva dall’essere in un corpo o in un ruolo di genere che non corrisponde alla propria identità di genere. Da lì poi si può accedere alla cura ormonale con estrogeni e antiandrogeni – oppure testosterone per gli uomini trans – per far sì che il corpo prenda le forme di un uomo o di una donna.

Il lato psicologico 

Già assumere ormoni non è proprio come bere un bicchiere d’acqua: i nervi sotto pelle, l’aggressività, il fastidio e i dolori del corpo che si modificano. E a questo ci va aggiunto un mondo chiuso che non accetta e non comprende per mancanza di empatia. Lo stesso avviene anche nel mondo del lavoro.

«Ho perso il conto delle volte in cui mi hanno riso dietro o davanti, delle volte che il loro sguardo si posava in modo strano su di me oppure degli amici che si sono allontanati. A volte non mi hanno assunta in un posto di lavoro a causa della mia transizione. Qualcuno ha anche detto che io facessi questo solo per prostituirmi – dice Francesca – Ma nel mondo ci sono anche persone che mi chiedono incuriosite del mio percorso e che non mi giudicano, e fra di loro c’è il mio compagno con cui sto da 7 anni».

È impossibile non sentire il giudizio degli altri. E il genere umano è un animale sociale, che sente il bisogno del sostegno di una comunità. E se c’è un nemico della comprensione e del sostegno è l’ignoranza, ma dove non arriva la conoscenza arriva l’amore e l’empatia

«Sono stata molto fortunata con tutta la famiglia: tutti con il tempo hanno accettato che sono Francesca. Anche i miei nonni che sono di una vecchia generazione – dice la ragazza – Mia nonna è sempre stata molto religiosa e in chiesa le dicevano che io ero sbagliata e lei ha risposto loro di smetterla perché io ero sua nipote e che mi voleva bene. Non chiedo alle persone di capirmi, ma chiedo loro di rispettarmi e basta: vorrei essere trattata come una ragazza normale, perché non interpreto un ruolo. Io sono Francesca in ogni momento della mia vita».

Qualche tabù, fra sesso e prostituzione

Se si parla di tabù in generale il primo che viene in mente è il sesso, avere rapporti consensuali e pieni di amore oppure solo di desiderio. E se c’è un tabù fra uomo e donna in una società principalmente eterosessuale, figuriamoci se non ce ne sono fra persone trans e uomini o donne. Il tutto condito da una società che rende ancora più difficile accettarsi e darsi un valore.

Se si parla di donne trans e sesso, la prima cosa che viene in mente è la prostituzione. Ma senza mai chiedersi perché abbiano scelto il lavoro più antico del mondo.

«Sono sicura che molte ragazze trans inizino a prostituirsi per due motivi legati fra di loro: da un lato si è estremamente sessualizzate e giudicate e questo incide sulla percezione del proprio valore personale e dall’altro è difficile trovare lavoro per chi sceglie la transizione – dice Francesca – Per tutti noi credo che sia difficile vivere la sessualità in modo normale, io ci ho messo anni perché non accettavo il mio corpo. In questo mi ha aiutato molto la psicoterapia e con il tempo ho imparato a vivere il sesso in modo più sano, grazie anche alla collaborazione del mio compagno».

In un mondo dove c’è ignoranza manca l’umanità e la capacità di comprendere che anche gli altri sono persone. E che non ci è chiesto di capire a tutti i costi, ma solo di rispettare.

 

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