Morte del musicista di San Vincenzo, Cappato imputato di "aiuto al suicidio" | MaremmaOggi Skip to content

Morte del musicista di San Vincenzo, Cappato imputato di “aiuto al suicidio”

Imputazione per aiuto al suicidio in concorso per Cappato e anche per Coscioni, Lalli e Maltese. Il processo si celebrerà il 4 giugno
Massimiliano Scalas (foto associazione Luca Coscioni)
Massimiliano Scalas (foto associazione Luca Coscioni)

SAN VINCENZO. Arriva l’imputazione per “aiuto al suicidio in concorso” per Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, per la morte, avvenuta nel dicembre del 2022, di Massimiliano Scalas, 44enne musicista di San Vincenzo, affetto da sclerosi multipla dal 2017.

Questa mattina, venerdì 11 aprile, a seguito dell’ordinanza della giudice per le indagini preliminari (Gip), che ha rigettato la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura della Repubblica e dalle difese (avvocati Filomena Gallo, Marilisa D’Amico, Francesca Re e Rocco Berardo) e ha disposto l’imputazione coatta, il pubblico ministero ha formulato l’imputazione nei confronti di Cappato, Coscioni, Lalli e Maltese, per aver, in concorso fra loro, aiutato Massimiliano Scalas, affetto da sclerosi multipla in stato avanzato, fonte di sofferenze intollerabili, a raggiungere la Svizzera, dove ha avuto accesso legalmente al suicidio assistito attraverso l’autosomministrazione di un farmaco letale.

A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 135/2024 che aveva ampliato il requisito del trattamento di sostegno vitale, la Gip di Firenze aveva comunque ritenuto necessario un processo. Per questo, a seguito dell’imputazione coatta, formulata dal Pm, il giudice per l’udienza preliminare (Gup) ha fissato l’udienza per il prossimo 4 giugno.

«Affronteremo il processo con serenità»

Dichiarano Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Matese: «Affronteremo il processo con serenità come abbiamo fatto finora, convinti che l’aiuto fornito a Massimiliano è stato un aiuto doveroso e necessario, affinché una persona affetta da una patologia irreversibile e con sofferenze intollerabili potesse essere libera di scegliere come morire, anche se non – ancora – attaccata a una macchina».

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