ORBETELLO. Dal fiore all’occhiello dell’economia maremmana al declino irreversibile. È la parabola della Copaim, azienda alimentare che per decenni ha rappresentato un punto di riferimento per la produzione di eccellenze gastronomiche: conserve, sughi pronti e piatti della tradizione, un marchio conosciuto in tutta Italia e capace di dare lavoro a centinaia di famiglie.
Lo stabilimento di Albinia, con oltre 90 addetti, era il cuore pulsante della produzione, affiancato dal sito di Massa e Cozzile, specializzato nella pasta.
La crisi e l’alluvione del 2012
Il lento declino si intreccia con la crisi economica generale, ma il colpo più duro arriva nel novembre 2012, quando l’alluvione di Albinia sommerge lo stabilimento alle Topaie. Magazzini e impianti vengono devastati dall’acqua e dal fango, con danni milionari che compromettono in modo irreparabile la capacità produttiva. Quella tragedia segna uno spartiacque: Copaim non riuscirà più a rialzarsi davvero.
Bilanci in rosso e passaggi societari
Nel 2015 l’azienda presenta un concordato in bianco: i debiti superano i 30 milioni di euro, con un indebitamento bancario vicino ai 29 milioni. Tentativi di rilancio e liquidazioni si susseguono senza risultati.
Nel 2017 arriva l’acquisizione da parte di Sapori e Gusti Italiani, con la promessa di salvaguardare i posti di lavoro e rilanciare la produzione. Ma le difficoltà restano, e il rosso di bilancio non si ferma.
L’impatto sull’occupazione
Dai circa 140-150 dipendenti dei tempi migliori si passa a una lenta e inesorabile riduzione. Nel 2018 emergono i primi esuberi, fino al 2021, quando la produzione ad Albinia si ferma e 53 lavoratori entrano in cassa integrazione straordinaria.
Sindacati e istituzioni locali provano a difendere lo stabilimento, ma la proprietà conferma la volontà di ridurre le attività, lasciando il territorio nell’incertezza.
L’ombra dell’asta
Ora arriva la svolta definitiva: l’ex Copaim di Albinia sarà messa all’asta con una base di 5 milioni di euro. Non si parla più di piani industriali o ammortizzatori sociali, ma di una vendita giudiziaria che decide il destino dello stabilimento e di un intero pezzo di identità produttiva della Maremma.
Un duro colpo per la comunità
Per Albinia e per tutta la Maremma è un colpo pesantissimo. Decine di famiglie rischiano di perdere la principale fonte di reddito, l’indotto locale è destinato a sparire, e un marchio che era stato sinonimo di qualità potrebbe finire sotto il martello senza alcuna garanzia di rilancio.
Sindacati e istituzioni chiedono trasparenza e soprattutto investitori seri, capaci di riportare vita in un sito oggi in bilico.
Albinia, che un tempo veniva chiamata la “capitale industriale” del sud della Maremma, si trova così a fare i conti con un ridimensionamento doloroso, specchio di una crisi che non ha risparmiato nessuno.



