MANCIANO. Alessio Scotto era un ragazzo con problemi neurologici, sì, ma ancora autonomo. Camminava, parlava, mangiava da solo. Viveva nella casa di famiglia a Marsiliana, accudito con amore dai suoi genitori Paolo e Marzia.
La sua non era una vita semplice, ma era una vita. Poi, il lento calvario sanitario, le difficoltà a ottenere una diagnosi chiara, i viaggi tra ospedali e visite, la ricerca di una struttura adeguata.
Fino al trasferimento in casa famiglia a Cortona, dove avrebbe dovuto ricevere cura e stabilità. Invece, lì è avvenuta la tragedia.
La caduta nel vuoto e il silenzio sulle responsabilità
Alessio è precipitato da un muretto all’interno della struttura. Una caduta misteriosa, ancora oggi mai chiarita. L’impatto gli ha devastato la colonna vertebrale, causando una lesione irreversibile al midollo spinale.
Da quel giorno, Alessio è tetraplegico. La sua vita è cambiata in un istante.
Paolo ha sporto denuncia. Ha cercato verità e giustizia. Ma a distanza di mesi, nulla si è mosso. Nessuna risposta, nessuna responsabilità, nessun risarcimento. Il silenzio della burocrazia ha coperto tutto, lasciando solo dolore.
Marzia non lo ha mai lasciato: cinque mesi accanto a suo figlio
Dopo l’incidente, Alessio è stato trasferito alla struttura Don Gnocchi. Da allora, sua madre Marzia ha vissuto con lui giorno e notte, senza mai lasciarlo solo. Quasi cinque mesi trascorsi dentro quelle mura, accanto al letto di suo figlio, tra flebo, fisioterapia, pianti e speranze.
Una madre che ha sacrificato tutto per stargli vicino, mentre Paolo corre da un ufficio all’altro, bussando a ogni porta possibile per trovare una soluzione. Ma il tempo stringe. Alessio sta per essere dimesso. E la domanda è spietata: dove andrà?
Una casa che non può accoglierlo e lo Stato che si gira dall’altra parte
La casa di Marsiliana, dove Alessio viveva prima della caduta, è stata dichiarata inidonea da un sopralluogo tecnico richiesto dalla Asl e dal Comune di Manciano.
Una scala d’ingresso invalicabile con la carrozzina, corridoi e porte troppo stretti, un bagno completamente da rifare. Tutti lavori che richiederebbero tempo e soldi, che la famiglia non ha. Nessun Ente, finora, ha offerto aiuto. Nessun fondo d’emergenza. Nessuna deroga, nessun progetto ponte. Solo scaricabarile.
Il sindaco, la politica, la solitudine
Paolo ha contattato il sindaco di Manciano, Mirco Morini, chiedendo un intervento. Anche l’onorevole Marco Simiani, che in passato si era speso per la famiglia, ha spiegato di non avere strumenti per agire. La famiglia di Alessio quindi, dovrà trovarsi una casa in affitto.
Ma trovare un’abitazione adatta a un ragazzo tetraplegico, con tutti i requisiti di accessibilità, è quasi impossibile senza supporto. Eppure una casa è stata trovata. Ad Albinia, grazie a un’agenzia e all’aiuto di un legale. Sarebbe perfetta. Ma mancano garanzie, fondi, un aiuto concreto per finalizzare l’accordo.
Intanto, l’Asl propone una nuova struttura. Quando Marzia l’ha sentito, è scoppiata a piangere. «Non ci tornerà mai in struttura – dice Paolo – nessuna madre lo permetterebbe dopo quello che è successo».
Il gesto estremo: «Lo metteremo per strada, con il letto»
L’ultima frase pronunciata da Paolo Scotto, padre di Alessio, è una sentenza che pesa come un macigno. «Se non troviamo una soluzione subito, metteremo Alessio per strada con il suo letto, sotto gli occhi di tutti, e chiameremo le autorità giudiziarie. È l’unico modo per farci ascoltare», dice.
Una frase drammatica, ma reale. Non una provocazione, ma una disperata verità.
Una famiglia spezzata da una tragedia, abbandonata dallo Stato, costretta a minacciare il gesto più estremo pur di ottenere il minimo: un tetto. La famiglia ha lanciato appelli ovunque, ha necessità di una casa, due stanze che possano accogliere Alessio. Non chiedono il mondo, solo che qualcuno si metta la mano sulla coscienza e inizi a fare lo Stato. Non quello padrone, ma quello che sa accudire i suoi figli più fragili.
Un Paese che non sa difendere i suoi figli più fragili
La storia di Alessio Scotto è il ritratto di un’Italia incapace di offrire una risposta concreta a una famiglia colpita da una tragedia evitabile, e ora costretta a vivere in un incubo quotidiano fatto di umiliazioni, telefonate ignorate, procedure infinite e promesse non mantenute.
Mentre i genitori lottano da soli per restituire dignità al proprio figlio, la burocrazia li soffoca, la politica tace, le istituzioni scaricano. Nessun genitore dovrebbe arrivare a dire: «Lo metto in strada, col letto». Eppure, oggi, nel 2025, in Toscana, accade anche questo.



